Porto X
Il porto, confine tra terra, mare e cielo, è crocevia di incontri e scambi tra chi viene e chi va, il luogo in cui barche e vascelli approdano e da cui salpano, e a cui (forse) faranno ritorno, trasformati.
La X è simbolo di ciò che è incognito o non del tutto conoscibile, segno grafico del mistero. Ma è anche il segno con cui gli antichi popoli nordici tracciavano il simbolo runico di Gebo, che racchiude in sé il sacro principio del “dono”, dell’incontro proficuo, dell’accoglienza, dello Sviluppo, dell’equilibrio e dell’Amore, dello scioglimento dei nodi karmici e del senso autentico del “sacrum facere”.
Porto X è dunque un metaluogo a cui approdare e da cui imbarcarsi in Viaggi al largo dall’immagine abituale di sé, verso mete ignote al di là dell’orizzonte visibile, nel mare aperto di ciò che non si sa ancora e neanche si riesce a immaginare. Un metaluogo dove poter imparare ad Apprendere, attraverso la Pratica costante, dove incontrare, scambiare, condividere esperienze, storie e conoscenze, antiche sapienze e nuove scoperte.
Compiendo il viaggio presso la città sacra di Abydos, fino al tempio di Osiride, gli antichi Egizi non usavano il termine pellegrinaggio, ma “navigazione” e la barca assumeva il ruolo di potente simbolo iniziatico, il mezzo che permette di agire; la barca siamo noi tra le onde della vita e della trasformazione, siamo noi in mezzo al mare delle esistenze, le cui rotte, in un modo o nell’altro, consapevolmente o meno, noi stessi tracciamo alla ricerca del nostro destino.
Porto X racchiude in sé questo senso profondo del navigare, ad ogni passaggio, verso la scoperta e riscoperta del proprio “Io che È”(o Sé Superiore, come lo si vuol usualmente definire). In barca, il marinaio sa che “se non fai nulla, nessuno farà nulla per te”, che sta a lui remare perché a nessun altro è concesso di prendere il suo posto. E per navigare verso il proprio “Io che È”, occorre che, come il marinaio, ciascuno appenda e diventi esperto nel condurre la propria barca, attraverso l’espansione della propria coscienza e il riconoscimento delle proprie molteplicità, verso l’integrazione.
Come ogni porto che si rispetti, occorre un Faro a indicare il luogo al riparo dalle tempeste, gli ostacoli nelle notti più buie nel mare che pare infinito. E Il faro di Porto X vibra, incalza, proietta e diffonde la sua luce, della ricerca spirituale, della magia nel suo significato più antico e scevro da ogni sovrastruttura, una luce che guida e sostiene, protegge e conduce, provoca e destruttura, accoglie e agisce.
Creato da Valentina Cidda Maldesi (Anabel) e Valentino infuso, Porto X è laboratorio alchemico, bottega per le Arti, fucina per Pratiche sottili e corporee, dojo in cui poter scoprire e sviluppare i propri Poteri. Esso non ha confini fisici o geografici, può essere qualunque luogo predisposto alla Pratica del Sé, con Sé. Porto X è spazio aperto nell’indefinitività del tempo.
Come diceva Plutarco: “Vivere non necesse, navigare necesse est”. Ora, più che mai.