L’Infuso delle 17, di mercoledì 5 febbraio 2025
LA BELVA O LA FANCIULLA
(FAVOLA ESSERICA)
«Maestro, com’è possibile accettare ciò che non riusciamo a cambiare?», chiese il giovane apprendista.
Il Maestro ci pensò silente, poi scuotendo delicatamente la testa, rispose.
«Non saprei dirtelo, caro mio… ma posso raccontarti cosa accadde a un uomo che conobbi per riuscire in ciò che tu mi chiedi. Camminavo per le stradine di una antica città, ma più che una città era un paesetto abbandonato. E anche io mi sentivo antico e abbandonato. Mentre vagavo, d’improvviso un uomo impaurito mi si presentò e con modi che denotavano ansia impotente, mi supplicò di aiutarlo. Essendo da tanto che in quei luoghi non si vedeva anima viva ‒ così mi disse ‒, non poté egli che rivolgersi al primo pellegrino che il destino gli assegnò senza alcuna correlazione apparente a specifiche abilità ai fini della risoluzione del suo problema, consistente in quel che ansimando profferì:
“Ho una sorella. Questa sorella ha bisogno di aiuto, di un tipo che io non riesco a dare… puoi tu entrare in questo luogo ove ella dimora col suo impossibile carattere e cercare di aiutarla?”
“Va bene”, risposi, pur non sapendo come…
“Attenzione però ‒ aggiunse l’uomo ‒, c’è un’enorme bestia feroce che cerca in ogni modo di entrare; per tua protezione io terrò il cancello ben serrato prima di nascondermi, tu fa il possibile.”
Acconsentii. Giungemmo ed entrai. Il cancello di legno si chiuse alle mie spalle, poi dei passi veloci di allontanamento. La fanciulla era in fondo. I miei primi affabili approcci si rivelarono inutili come una barca nel deserto. Impossibile comunicare, il carattere e il suo modo di comportarsi non avevano nulla di umano ed ogni mio tentativo non faceva che peggiorare la situazione. Urlava e si dimenava scaraventandosi di continuo verso l’uscita. D’altra parte, la belva feroce fuori dal cancello di legno massiccio che le impediva di accedere al luogo ove la fanciulla risiedeva, una specie di bottega in pietra che aveva assunto ormai le sembianze di una tana più che di una casa. La belva faceva davvero paura, la fanciulla era davvero pericolosa. Non sapevo come comportarmi. Non mi rimase che smettere di cercare una soluzione e accogliere quello che era in quel momento, così com’era. Man mano qualcosa iniziò a cambiare in me, lasciai trasformare la percezione di ciò che a me appariva. La lasciai trasformare fino a che non compresi…”
«Cosa? Cosa comprendeste, Maestro? Come tranquillizzare la fanciulla? Come allontanare la belva?», chiese il giovane apprendista.
«Era quello che avevo cercato di fare, infatti, inutilmente. Perché ‒ ed è quello che compresi ‒ il dilemma non era la fanciulla o la belva. Il dilemma era in quell’uomo, nella sua limitante visione della realtà. Era sicuro che la fanciulla fosse sua sorella perché a tutti gli effetti così appariva a lui, e questo in effetti appariva a me. Ma la realtà oltre l’apparenza era che la ‘fanciulla’ era la belva e la ‘belva’ era la fanciulla. Iniziai così a comportarmi di conseguenza rispettando l’ordine reale delle cose, a trattare la ‘fanciulla’ da belva chiusa in gabbia e la ‘belva’ fuori, che scalpitava per entrare, da fanciulla. Riferii la mia visione all’uomo. Gli chiesi di fidarsi di ciò che “non vedeva”, gli chiesi di non temere la ‘belva’, e di aprire il cancello di legno. Acconsentì e fece quanto gli chiesi…»
«E cosa accadde, Maestro? La belva si trasformò in fanciulla e la fanciulla in belva?».
«No. La fanciulla rimase ‘belva’ e la belva rimase ‘fanciulla’…»
«Ma allora non cambiò nulla se tutto rimase com’era… se era una maledizione andava spezzata…», ribatté l’apprendista.
«Affatto. La fanciulla rimase nella forma della ‘belva’ e la belva nella forma della ‘fanciulla’, ma a cambiare fu la consapevolezza nell’uomo. Si rese finalmente conto che nel non aver mai voluto accettare le infinite possibilità dietro quell’unica verità data dalla “forma” apparente delle cose non aveva fatto altro che “maledire” gli altri esseri forzandoli in ciò che non avrebbero mai potuto Essere. Accettò così la ‘belva’ come legittima sorella, chiamandola col suo nome e accogliendola nella sua legittima casa, e lasciò finalmente la ‘fanciulla’ andare via, libera nel rispetto della sua feroce essenza».
«E la maledizione?», chiese ancora l’apprendista.
«Gli effetti di una maledizione non riguardano la forma delle cose, ma la percezione che abbiamo della loro essenza. La maledizione, in fondo, sta proprio nell’ostinarsi a voler cambiare la natura delle cose per poterle accettare, mentre accettare la natura delle cose è l’unica via affinché le cose possano cambiare».
Valentino Infuso
(da “Scritti da Porto X, vol.2” – Edizioni Sovversive Porto X)
Immagine: “Il rapimento di Europa” di Alejandro De Cinti