L’Infuso delle 17, di mercoledì 22 gennaio 2025
IL GABBIANO JONATHAN
…era come se si fosse risvegliata in me un’ancestrale appartenenza al mondo dei volatili. Esatto, risvegliata. Perché non era nuova. In effetti sin da piccolo – forse era sogno, forse visioni o vivide percezioni di reminiscenze lontane, come ricordi latenti di qualcosa di già vissuto – avvertivo la sensazione di essere stato un falco o un’aquila, che volava tra alte montagne avvolte dalla nebbia.
Ero così suggestionato da queste sensazioni che per un periodo della mia primissima adolescenza attribuivo la mia peculiare conformazione degli arti superiori, più lunghi della media dei miei coetanei e leggermente sproporzionati rispetto al resto del corpo, al mio essere stato un grande rapace in una vita precedente. Eh sì, da che ho ricordi ho sempre tenuto in gran considerazione la teoria della reincarnazione, pur non sapendo da dove provenisse questa conoscenza.
Una delle mie primissime letture infantili fu “Il gabbiano Jonathan Livingstone” di Richard Bach, un pilota prestato alla letteratura (o uno scrittore prestato al volo, fate voi), proprio come Antoine de Saint-Exupery, autore de Il Piccolo Principe da cui trassi ispirazione per un mio spettacolo dal titolo
“Il Piccolo Attore”, tanto per unire i puntini sull’ascendente che da sempre hanno esercitato su di me volo e scrittura.
Volevo, infatti, fare il pilota anche io, amavo costruire modellini di aerei, desideravo fare il paracadutista, mia ferma intenzione da sempre, tant’è che alla famigerata visita militare dei tre giorni – eh sì, appartengo alla generazione del servizio militare obbligatorio – feci domanda per i parà. Riuscii addirittura a farmi assegnare all’ambito “Battaglione Folgore” di Pisa! Fortunatamente ben presto rinsavii: feci prevalere il mio spirito sovversivo evitando non solo il suddetto battaglione ma il servizio di leva in toto. Ma questa è un’altra storia.
Sognavo anche di saltare nel vuoto col bungee jumping, o lanciarmi con la tuta alare da un biplano in volo, proprio come Patrick De Gayardon, uno dei miei idoli adolescenziali, soprannominato l’uomo no-limits. Tuttavia il mio idolo non finì proprio bene nell’ennesimo estremo tentativo di rientrare in volo nel suo biplano: a causa di un malfunzionamento dovuto ad un’azzardata modifica apportata alla tuta alare, precipitò – novello Icaro – sopra le Hawaii, andandosi a schiantare contro una roccia, pace all’anima sua!
Sognavo di fare un giorno tutte queste cose anch’io – tranne ovviamente l’andarmi a schiantare contro una roccia alle Hawaii –, pur avvertendo al tempo stesso una grandissima paura delle altezze. L’altitudine mi affascinava e mi terrorizzava al tempo stesso. Sognavo di fare tutte queste cose, che non ho mai fatto. Non ancora, almeno. Perché quel sogno è ancora vivo.
Del Gabbiano Jonathan Livingstone ricordo anche la lenta ma poeticamente filosofica versione cinematografica, realizzata agli inizi degli anni settanta1, con spettacolari riprese aeree – notevoli per l’epoca – tra centinaia di veri gabbiani a cui mi auguro non sia stata torta alcuna penna. Forse, non ho indagato e non credo che lo farò.
Ad ogni modo, la parte più pregnante di quest’opera per il mio animo di ragazzino, che emerge sia dal libro che dal film, è la natura profondamente spirituale dell’agire del gabbiano Jonathan, totalmente immerso nella pratica di perfezionamento dell’arte del volo. Il suo stormo, chiamato Buonappetito, era dedito ad un’esistenza ordinaria e misera, fatta solo di ricerca di cibo attorno ai pescherecci e cruenti litigi interni per accaparrarselo. Jonathan no, lui era diverso, lui ambiva ad altro, ad un più alto livello di sviluppo del sé oltre la mera sopravvivenza. E infatti lo stormo non ci mise molto a condannarlo all’esilio come reietto. Ma fu da quel momento che iniziò la sua vera ascesa spirituale, oltre che aerea. Emblematico. Ero molto piccolo, avrò avuto otto o nove anni, ma proprio quel passaggio scosse il mio animo e la mia mente. Quel gabbiano arrivò a trascendere se stesso, a diventare esempio e Maestro per poche altre anime speciali. Ero totalmente affascinato da quel gabbiano, già mi sentivo così anch’io, un reietto non compreso, presagendo – o determinando, chissà – che la mia Via non poteva che essere fuori dallo stormo.
E così è stato. Così è tuttora.
“Al vero Gabbiano Jonathan
che vive nel profondo di noi tutti”2
1 Titolo originale: “Jonathan Livingston Seagull”, regia di Hall Barlett, USA, 1973
2 Dedica iniziale di Richard Bach nel succitato libro.