“L’ anima più perfetta è quella che non appare mai,
l’anima che è fatta col corpo,
l’assoluto corpo delle cose,
l’esistenza reale in assoluto, senza ombre né errori,
la completa ed esatta coincidenza di una cosa con sé”
Fernando Pessoa (Alberto Caeiro)
IL DESIDERIO,
questa cosa preziosa, questa cosa sacra, questa cosa fraintesa, questa cosa corrotta da un pensare distorto, distratto, superficiale a cui siamo stati addestrati, questa cosa incompresa, questa cosa rubata…
Rubata sì, ad ogni istante, continuamente rubata da un “sistema di potere” che fa di tutto per annullare il “tempo” del desiderio, per negare lo spazio in cui possa manifestarsi.
Un sistema che offre tutto, tutto e subito, che nega il passo delicato delle stagioni che avanzano, della scansione dei ritmi dei momenti di ritualità, che nega gli istanti trepidanti dell’attesa;
un sistema di consumo “usa e getta” di pensieri ed emozioni, che alla fine di Agosto mette in mostra panettoni e lucine di Natale e il giorno dopo l’Epifania risveglia dal letargo i coniglietti pasquali;
che ti propone immediate risposte e soluzioni, oggetti e creazioni, per ogni idea formulabile, per ogni desiderio esprimibile che di Desiderio autentico non ha più nulla ed è solo la manifestazione di una bulimica dipendenza da cose, surrogati di emozioni, adrenaliniche illusioni.
Un sistema di potere che sa bene che il tempo del desiderio è un tempo pericoloso per il suo oscuro regno, pericoloso perché ci riconnette all’amore, alla follia dell’istinto e del cuore, perché se è libero di esprimersi in un armoniosa danza il desiderio è parte fondante della nostra divina umanità e ci spinge oltre, ci spinge ad osare, verso orizzonti non segnati, non prestabiliti, non scritti, non permessi!
L’origine della parola desiderare è così affascinante che merita di essere narrata.
Questo termine deriva dal latino ed è composto dalla particella “de”, che in latino ha un accezione sempre negativa, insieme al termine sidus-sideris (plurale: sidera)
Che significa stella-stelle.
Quindi letteralmente de-sidera, da cui desiderio, significa in assenza di stelle.
Poiché per gli antichi ogni aspetto del destino umano era scritto nelle stelle, poiché le stelle sanno “sotto quale stella siamo nati”, de-siderare significa assenza della dominanza del già scritto, del già determinato dalle stelle e dal fato, quindi, de-siderare significa: osare!
Osare attraverso l’aspetto “buono” del senso della mancanza, attraverso quella sensazione che tanto spaventa di vertigine sul vuoto, del sentirsi per un momento soli e sospesi, quel tanto che basta da spingerci fuori dal guscio, fuori dal conosciuto, verso un ignoto che ci appartiene e che si trova al di là di un destino apparentemente scritto e programmato per noi, quel “al di là fuori rotta” che eppure ci chiama, e ci richiama e ci richiama…
Il desiderio,
questa cosa troppo esaudita da perdere ogni valore, da piegare intere infanzie sotto il giogo di un cappio capriccio perenne, nell’inadeguatezza di madri e padri schiavizzati da eserciti di “io voglio io voglio io voglio” subito serviti e riveriti per la creazione di un esercito di uomini che rimangano infanti, volitivi e bisognosi e, per questo, sempre più asserviti;
il desiderio,
Questa cosa dimenticata, questa cosa negata nella sua forza indomita, questa forza demonizzata…
Demonizzata sì, perché anche nell’opposizione al sistema di potere regnante, anche nei meandri di uno pseudo risveglio spirituale, negli olistici voli pindarici di tanti guru di passaggio e di stato, il desiderio autentico resta incompreso.
Separato dall’Amore, confuso con la volontà di potere, messo da parte nelle pratiche di annientamento dell’ego, cattivo signore che giustamente deve tacere, (ma se tace davvero che cosa ci spinge in avanti a imparare?); triturato in pratiche di controllo e disciplina del tipo: niente vino, niente grassi, niente godimenti, nientesessosoloamore, ovviamente amore universale, nientesessosoloflusso che ci abbracciamo tutti, ci strusciamo, ci compenetriamo in armonici processi di emersione di ferite e di dolori, di traumi e fratellanze ritrovate e vorticosi perdoni da elargire tra interminabili profondissime chiacchiere che si sciorinano per ore, e ore, e ore… del tipo solo cereali frutta e verdurine biodinamiche e biosupersoniche -però le sigarette non si toccano ci mancherebbe, il fumo mica è desiderio del resto, è una necessità per il fumatore, mica un vezzo a cui si può rinunciare, eh! Quindi “pausa sigaretta”! Per fortuna però le profondissime chiacchiere possono continuare, questo è un vero sollievo nel panorama generale), chiusa parentesi tonda, chiusa parentesi quadra, chiusa parentesi graffa (Virtualmente, perché la graffa e la quadra Word non le contempla, o io non so trovarle, quindi appaiono matericamente solo le tonde. Utile precisazione).
INVOCAZIONE ALLE DEE
Oh divina Venere, oh Dee di ogni tempo e di ogni dove, Dee dell’eros e dell’amore, della bellezza e della grazia, del ritmo sacro della vita e della morte, Dee dell’incanto e del piacere, della saggezza del corpo e della potenza del cuore, Dee della “terrestrità” meravigliosa, semplice, divina: guidate la mia mente, guidate la mia penna, assistetemi vi prego in questo scorrere libero di pensieri e parole a seguire.
AMORE E DESIDERIO.
Il desiderio vibra, si incendia e si smorza al viavai di ormoni, affanni, scintillii e umori. L’amore, invece, cresce, avanza e, anche se non lo vedi, c’è sempre.
L’Amore non dipende da ciò che l’altro risveglia in te, ma da ciò che il tuo essere compromette con l’essere dell’altro, da ciò che osa, da ciò che è disposto a rischiare, da ciò che acconsente a vedere, evolvere, bruciare, trasformare, dal coraggio che si desta.
Il desiderio porta all’esplosione, l’amore all’implosione silenziosa, lunare, paziente.
È piacevole desiderare ed essere desiderato, e c’è gioia nell’amare ed essere amato. Quando la coscienza è capace di saper attendere “il momento dell’Amore”, senza lasciarsi sorprendere dall’eccesso o dalla mancanza di desiderio, il mondo rimane come uno spazio che accarezza, avvolge e ripara.
Ma quando l’amore e il desiderio intrecciano una rete vera di filamenti pulsanti e appartenenti gli uni agli altri, allora viviamo un’esperienza meravigliosa che riversa la sua acqua viva fino a quell’intangibile punto dove l’Universo inizia e finisce. Contemporaneamente. Ogni istante.
A questo siamo chiamati sulla terra.
L’ acqua mite dell’amore si coniuga con il cuore sereno, e il fiume impetuoso del desiderio con l’ardore viscerale. Sono entrambe acque di cui, tutti – uomini e donne – abbiamo sete.
La prima acqua pacifica, invita a meditare, mentre l’altra, agitata, impetuosa, invita ad attuare.
Il Saggio sa distinguere tra l’una e l’altra acqua, le vede e le discerne, ma beve da entrambe. Così mentre l’amore si radica, il desiderio si espande e apre; mentre l’amore, come l’acqua, cerca le profondità, il desiderio cerca gli orizzonti…
Ci servono entrambi: profondità e orizzonti.
Il radicamento non è attaccamento, non è un aggrapparsi solenne alla materia terrestre, e non è neppure la ricerca della consolante libertà celeste. Radice e ramo sono parti di un tutto, uniti l’uno all’altro dal legno di un tronco che, come la colonna vertebrale, lega e sostiene il divino con l’umano, il cielo con la terra.
Un asse di legno verticale dove si appoggia un’altra asse orizzontale rappresenta l’unione dell’uomo e della donna in quel punto miracoloso del sesso guaritore e redentore.
Per questo la croce, e per questo l’orizzontalità – letterale o simbolica – della sessualità. Il desiderio ci porta a penetrare il labirinto in cerca dell’amore ma è proprio l’amore il “filo di Arianna” che, contemporaneamente, ci permette di uscire da questo labirinto.
Chi si lascia trasportare dal desiderio esasperandolo in mancanza d’amore, rischia di rimanere intrappolato in oscuri corridoi dove una profonda solitudine non smette di ansimare. Chi scende a patti con l’amore rinnegando il desiderio potrà uscire dal labirinto, forse, ma avrà perduto e dimenticato la passione della sua ricerca e il suo orizzonte non avrà più colore.
A questo punto abbiamo bisogno, per non perdere uno o l’altro, di unire realmente l’acqua dell’amore con il fuoco del desiderio.
Non siamo qui per vivere in modo separato l’amore dal desiderio e il desiderio dall’amore, il fuoco dall’acqua e l’acqua dal fuoco, no… noi siamo qui per vederli danzare.
La grazia è collegare queste polarità e vedere, con scintillante chiarezza, che la morale senza compassione non è morale ma prigione, che le linee di principio senza morbidezza bruciano e consumano lo Spirito, che la disciplina senza piacere è una futile fuga e che il desiderio senza amore o l’amore senza desiderio sono, entrambi, passioni sterili.
La grazia è nel piacere delle piccole cose terrestri attraverso le quali scopriamo le immense cose celesti e viceversa.
Ma non vi è Amore se non vi è Amarsi.
E Amarsi è anche accogliere, come un vecchio viandante che bussa alla porta in una notte di pioggia, tutto il povero, solitario, doloroso, oscuro, infelice e sfortunato che vive dentro di me, ogni pezzo mio che rifiuto e di cui mi vergogno e che vorrei poter cancellare dalla mia storia e dalla mia esistenza.
Amarsi è ammettere il viavai dell’oscillazione, le lacrime di tristezza, il fragore dell’agitazione e la pressione del controllo, il vuoto e l’abbandono che, molte volte, chiudono il cuore al dolore e quindi lo chiudono alla vita, tutto il cupo e bisognoso che ci abita.
Amarsi è inoltre riconoscere il piacere, il coraggio di vibrare per la bellezza e la passione, per la grazia e il sapore di cose buone, per i brividi di follia , per tutti i no urlati per poter invece dire sì a tutti i fuori rotta che l’anima reclama; Amarsi è sapere che l’imperfetto è perfetto nella sua espressione e attraverso di esso possiamo imparare.
Amare la perfezione non è Amare, amare lo spirito rinnegando il corpo, amare verso il cielo rinnegando la terra e il sangue vivo della nostra sepolta autentica forza di desiderare non è Amore, ma un tradimento all’Amore, un’apostasia dove restare intrappolati.
L’amore che lascia il desiderio al di fuori è come una vetrina di Natale, luminosa, scintillante, piena di dolci colorati, ricchi, splendenti e fuori dalla vetrina, dei bambini vestiti di poveri stracci, il viso schiacciato contro il vetro, le mani sporche della polvere della strada, gli occhi lucidi e un sorriso appannato, il cielo grigio, il gelo.
Il desiderio che lascia l’amore al di fuori è come una casa bellissima, disabitata, tutta stoffe pregiate e fregi dorati, tutta libri mai letti, e ritratti di volti distratti, e quadri di momenti mai vissuti, piena di lettere mai scritte, di trepide attese mai consumate, di mani gelate davanti a un focolare che non riscalda e non rischiara la stanza e un pentolone di zuppa che bolle senza profumi e senza sapore.
Perciò…
Pregate. E poi mangiate, bevete, inebriatevi, amate, godete e fate che tutto questo sia preghiera nella grazia di essere vivi e meravigliosamente umani.
di Valentina Cidda Maldesi